Agricoltura rigenerativa: come ridare vita al suolo
Daniel Bärtschi, in veste di agricoltore qualificato e presidente dell’associazione Agricultura Regeneratio apporta una grande esperienza. Qual è il suo obiettivo come responsabile del progetto?
Nei prossimi tre anni vogliamo aiutare le aziende agricole a produrre humus e a creare così un terreno sano. Perché un suolo sano è la base indispensabile per la vita e per lasalute di piante, alimenti ed esseri umani.
Come si può valorizzare il suolo, cosa occorre a tal fine?
Sicuramente all’inizio ci vogliono molto tempo, pazienza e soprattutto disponibilità al cambiamento. Solo chi osa, sperimenta e soprattutto impara a osservare può fare progressie a volte anche trasformare i fallimenti in successi. I nostri terreni sono stati coltivati a lungo in modo intensivo. Pertanto, nei decenni si sono impoveriti e le quantità di humus e
sostanze nutritive si sono ridotte drasticamente. Un suolo sano necessita di colture intercalari, rotazione delle colture, piante tappezzanti, animali come vacche o polli che concimano il terreno e alberi che fanno ombra e migliorano il bilancio idrico grazie alle radici.
Quali fattori hanno determinato questa situazione?
L’uomo ha creduto a lungo di poter dominare la natura dal punto di vista tecnico e manipolarla con sostanze chimiche o artificiali. Fattori esterni e decisioni politiche hannoindotto a puntare maggiormente sulla quantità e su un’agricoltura intensiva, causando lo sfruttamento e il degrado del suolo. L’agricoltura rigenerativa promuove invece un
sistema circolare naturale. Nel caso ideale, l’azienda agricola sfrutta ciò che produce direttamente, utilizzandolo ad esempio come mangime e concime di fattoria, così a lungo
termine riduce la sua dipendenza dai prodotti in commercio.
Qual è l’impatto della conversione sull’operatività aziendale?
Con il passaggio all’agricoltura rigenerativa, all’inizio i ricavi diminuiscono. Dopo trecinque anni il suolo diventa più sano e l’azienda aumenta i ricavi a fronte di costi più bassi,poiché deve utilizzare meno sostanze esterne. L’agricoltura rigenerativa non punta a realizzare il massimo profitto, bensì un guadagno ottimale. Almeno il 40 per cento delle agricoltrici e degli agricoltori passerebbe a questo metodo, se potesse contare sul sostegno della politica e del mercato.
Cosa succederà se non interveniamo ora?
Se non passiamo ora all’agricoltura rigenerativa, tra qualche anno ne pagheremo le conseguenze. Il cambiamento climatico, di per sé, dimostra che è in atto un processodi desertificazione. Se il suolo si prosciuga non è più coltivabile o necessita di un’irrigazione troppo intensiva per essere sostenibile. Dobbiamo rimettere al primo posto la qualità anziché la quantità.
Insieme per la salute delle persone e dell’ambiente: il progetto Terra Vital di SWICA
Nei prossimi cinque anni SWICA, insieme al suo partner WWF, vuole contribuire alla salute delle persone e dell’ambiente nell’ambito del progetto Terra Vital, dedicato alle torbiere e all’agricoltura rigenerativa. Il sostegno di progetti per la protezione delle torbiere basati sulla loro rivitalizzazione e sulla loro manutenzione aiuterà a preservare queste aree. Tra l’altro, gli interventi di manutenzione e le escursioni in gruppo favoriscono il benessere delle persone partecipanti.
In Svizzera, la qualità del suolo è stata trascurata a lungo e lo sfruttamento intensivo dei terreni ha causato la perdita del 50-70 per cento del materiale organico. Una conseguenza della riduzione dell’humus è una minore capacità di immagazzinare acqua, sostanze nutritive e CO2. Grazie all’agricoltura rigenerativa, in futuro i cibi saranno più ricchi di nutrienti. Nell’ambito di questo progetto, con il sostegno dell’associazione Agricultura Regeneratio, fino a sette aziende agricole passeranno all’agricoltura rigenerativa nei prossimi tre anni.